Con il Trattato di Versailles le potenze vincitrici, in spregio al principio di autodeterminazione dei popoli tanto sbandierato dal presidente americano Wilson, staccarono dalla madrepatria tedesca Danzica e il territorio circostante creando la “Città Libera di Danzica” (una città-stato ufficialmente indipendente, ma di fatto sotto il controllo polacco) per dare alla Polonia uno sbocco al mare mediante il cosiddetto “corridoio di Danzica”, una striscia di terra che separava la Prussia Orientale dal resto della Germania. Una soluzione assurda e foriera di future tensioni che solo l’arroganza e la miopia delle potenze vincitrici impedirono di comprendere il fatto in tutta la sua gravità. La popolazione di Danzica, infatti, essendo al 95% di stirpe germanica, non smise mai di sentirsi tedesca, e di volere il ricongiungimento alla Germania.
(…) Quando i venti di guerra cominciarono a soffiare impetuosi sul vecchio continente, l'opinione pubblica europea iniziò a manifestare il timore di essere coinvolta in un conflitto che non sentiva e non capiva: "Danzica era tedesca, perché non avrebbe dovuto ricongiungenti alla madre patria?" Si domandavano i molti.
L’intento di salvare la pace a qualunque costo fu perseguito dal governo conservatore britannico guidato da Neville Chamberlain, che diede vita alla politica diplomatica di “Appeasement” (accordo). Pur mantenendo sullo sfondo l'opzione militare, perlomeno come minaccia. A essere nettamente contrario era Winston Churchill, convinto che la Germania rappresentasse un ostacolo per la pace in Europa e che la sua crescente potenza economica, politica e militare potesse mettere in discussione la supremazia britannica sul vecchio continente. La sua formazione liberale e la sua posizione vicina alle istanze dell'alta finanza anglo-americana, lo portavano a vedere nel modello nazionalsocialista un pericolo maggiore di quello rappresentato dal sistema sovietico-comunista. Inoltre vedeva lontano, sapeva che l'America prima o poi sarebbe intervenuta nel conflitto. Aveva solo bisogno di tempo. La sua nomina a Primo Ministro nel 1940, carica che manterrà fino alla fine della guerra, darà una svolta alla vicenda, rigettando sistematicamente tutte le proposte di cessazione delle ostilità avanzate da Hitler durante le fasi cruciali del conflitto.
(…) Respinta per la seconda volta la proposta tedesca di ricomposizione pacifica della crisi, il primo settembre del 1939 le truppe del Terzo Reich varcano il confine polacco. Due giorni dopo, il 3 settembre, Gran Bretagna e Francia dichiarano guerra alla Germania, ufficialmente per soccorrere la Polonia, in realtà solo come atto formale avendo raggiunto il loro scopo: la guerra al Terzo Reich. La linea politica di ostilità alla Germania perseguita da Churchill stava dando i suoi frutti. Infatti non mossero un dito mentre le divisioni della Wehrmacht conquistavano Varsavia in poco più di due settimane. Non si mossero neppure il 17 settembre quando, in virtù del patto Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939, l’Armata Rossa attaccò alle spalle la Polonia annettendosi parte del territorio polacco e mai più restituito.
(…) Appare più che mai evidente che l’intento di Francia e Inghilterra (e dell'America, che spasimava per entrare in un nuovo conflitto per uscire dalla crisi economica attraverso il rilancio della sua industria bellica) non fosse quello di proteggere la Polonia, bensì quello di scatenare una guerra contro la Germania nazionalsocialista il cui modello economico e sociale, al pari dell’esperienza fascista, aveva allarmato l’alta finanza anglo-americana che pretendeva (cosa che gli riesce benissimo oggi) di assoggettare e gestire a suo esclusivo vantaggio le economie nazionali.
La Polonia fu quindi indotta alla più totale intransigenza dalle potenze Alleate che si erano proclamate garanti della sua libertà e che avevano assicurato il loro intervento militare in caso di conflitto, per essere poi abbandonata a sé stessa dopo che queste ebbero raggiunto il loro scopo, quello di scatenare una guerra contro la Germania.

Tratto da “Le vere cause della Seconda Guerra Mondiale” di Gianfredo Ruggiero.
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