Giunto al potere nel Gennaio del 1933, Hitler attuò nei confronti degli ebrei una politica di restrizione dei diritti civili per spingerli a lasciare la Germania. L’incoraggiamento all’emigrazione degli ebrei tedeschi trovò, però, forti resistenze da parte della comunità internazionale e sfociò nel fallimento della conferenza di Evian del 1938, dove i trentadue Stati aderenti alla Società delle Nazioni avrebbero dovuto ognuno farsi carico di un numero di ebrei provenienti da Germania e Austria proporzionale alle loro dimensioni.
Le uniche nazioni che accettarono di accogliere i rifugiati ebrei furono la Repubblica Dominicana e la Bolivia. Tutte le altre, con motivazione che oggi potremmo definire sconcertanti, rifiutarono ogni forma di accoglienza, soprattutto America, Francia e Gran Bretagna, le nazioni che maggiormente si erano prodigate - a parole - a favore degli ebrei.
L’Italia fascista, invece, pur non avendo partecipato alla conferenza (era uscita dalla Società delle Nazioni l'anno prima), da anni attuava una politica di ospitalità e assistenza nei confronti degli ebrei attraverso strutture create allo scopo (come la DELASEM) che rimasero attive anche dopo, e nonostante, la promulgazione delle leggi razziali.
Tratto da "Storia del Razzismo, dalle origini alla Palestina di oggi" di Ruggiero Gianfredo
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