Adolf Hitler, nel giro di soli 5 anni, riuscì a trasformare la Germania da una nazione in profonda crisi economica, devastata dalle conseguenze del Trattato di Versailles e da un'inflazione galoppante che costringeva i cittadini a portare intere carriole di marchi per acquistare beni di prima necessità come il pane, in una delle potenze economiche e militari più forti del mondo.

Il regime nazista attuò un piano radicale che prevedeva, tra le altre cose, il rifiuto di pagare il cosiddetto "debito", ovvero i risarcimenti di guerra imposti dalle potenze vincitrici dopo la Prima Guerra Mondiale, che erano considerati insostenibili e umilianti. Parallelamente, il governo introdusse una nuova politica monetaria, rompendo con le banche centrali tradizionali e stampando una valuta nazionale non legata ai prestiti internazionali.

Questo approccio, combinato con grandi investimenti pubblici in infrastrutture, industria e armamenti, insieme a programmi di lavoro di massa, permise di risollevare rapidamente l'economia, ridurre la disoccupazione e rafforzare la posizione della Germania sullo scacchiere internazionale.